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Candidati GdA #3 – Vienna

pic2365501Le (poche) persone che mi frequentano sanno che sono una persona difficile, esigente. È un limite, lo so. Eppure sono uno che tende a entusiasmarsi, a illudersi; nei giochi da tavolo, come nelle relazioni umane. Basta un particolare negativo, però, che il mio entusiasmo svanisca, si dissolva. Un problema che spesso non trova soluzione.
Ci sono poi altre situazioni, come il caso di Vienna della Schmidt Spiele, in cui continuo ad entusiasmarmi, anche quando qualche particolare negativo mi fa andare in bestia. Non si tratta di solito di elementi fondamentali. Si tratta di ombre, di particolari, che nella loro irrilevanza riescono tuttavia a rovinare il giusto equilibrio dell’insieme.

Una pecca fastidiosa

Vienna è un gioco valido, non stratosferico, sia ben chiaro, ma con una serie di particolarità che lo rendono giocabile senza doversi perdere in oscure manovre cerebrali, che dura un tempo tutto sommato limitato e che – e questa è la cosa che forse mi piace di più – è illustrato dal mio artista preferito: Michael Menzel.
Vienna mi ha entusiasmato fin dall’inizio, l’ho giocato più volte visto la durata limitata di una partita e ho anche vinto, cosa che non succede spesso. Poi, per motivi di valutazione, mi sono dovuto leggere il regolamento (fino a quel momento lasciato a chi aveva avuto la pazienza di spiegarmelo) e il mio entusiasmo si è raffreddato. Non solo, mi ha fatto arrabbiare. Un’occasione perduta per una stupidaggine. Un gioco che poteva ambire a molto di più che una semplice nomination lasciato in disparte per una cretinata non giustificabile, come un regolamento italiano tradotto con i piedi. Anzi, più probabilmente, con un infame traduttore automatico di quelli che vanno tanto di moda oggi.

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Bello e semplice

Vienna è bello, giocabile nelle due atmosfere della città: alla luce del sole, con i palazzi asburgici della Ringstrasse visti in prospettiva, oppure nella sua versione notturna che – a detta di chi se ne intende – è ideale per chi abbia problemi di daltonismo. I due lati della mappa in realtà sono identici. Il gioco è lo stesso. Cambia solo l’atmosfera.

L’impressione estetica mi ha riportato ai fasti di un gioco di qualche anno fa, sempre illustrato da Menzel: Thurn und Taxis. Sto parlando, naturalmente, solo dell’impatto estetico. Per il resto Vienna è molto diverso: è un classico tedesco leggero di posizionamento dadi, in cui la scelta di determinate posizioni sul tabellone consente di ottenere vantaggi di un qualche genere: soldi, incontri con personaggi (carte) della Vienna imperiale, carte speciali che agevolano il gioco e, per finire, la possibilità di competere con i due giocatori che ci stanno a fianco per ottenere punti vittoria. Un sistema articolato, come nella migliore tradizione tedesca, che permette di intraprendere strategie diverse a ogni partita, osservando con attenzione di quanti personaggi si circondino gli avversari, buttandosi sui soldi, sui punti vittoria, o creando la giusta miscela dei tre elementi.
Il primo giocatore che supera i 25 punti e rimane in testa ha vinto la partita. Dopo una ventina di minuti è facile concludere un incontro.

Primo alle spalle dei grandi

pic2516069_lgVienna non è un gioco estremamente originale. Deve molto a esempi classici del gioco da tavolo. Molti meccanismi ricordano giochi rigiocati all’infinito negli ultimi anni, anche se l’autore – certo Johannes Schmidauer-König, che sembra aver acquisito la fiducia della direzione della Schmidt Spiele – è riuscito a creare un prodotto tutto sommato valido, ideale – secondo il mio parere – per introdurre un neofita al gioco di stile tedesco.
Certo, nella pochezza stilistica dei titoli presentati quest’anno alla giuria del Gioco dell’Anno, Vienna non ha difficoltà a svettare su moltissimi prodotti, nonostante lo scivolone quasi irreparabile fatto sul regolamento (e non solo, ma per le stesse frasi di accompagnamento stampate sulla scatola, infarcite di orribili deliri linguistici).
Certamente, scalzare un Colt Express e uno Splendor dalle prime due posizioni è cosa praticamente impossibile, ma un posto direttamente alle spalle di quei due gran giochi mi sentirei sicuramente di attribuirglielo.

Impressioni personali

Sistema di gioco 7/10
Originalità 6/10
Grafica e packaging 8/10
Rigiocabilità 7/10