Se l’è giocata con Colt Express e ha perso per un soffio. Non che il concorrente non se lo sia meritato, ma Splendor era veramente da primo premio. Un gioco geniale nella sua semplicità, con una manciata di fiches, tre mazzetti di carte e una buona dose di ragionamento e previsione. Niente di più
Sempre Vive la France!
I francesi – lo dicevo due anni fa, lo continuo a sostenere dopo il mio ritorno ai commenti ludici dopo due anni – rappresentano la vera altra sponda europea dei giochi da tavolo. La Francia è la vera alternativa al mondo ludico tedesco, agli spaccacervello che piacciono tanto ai nostri amici del nord e a una buona parte dei ragionieri del gioco che affollano lo ormai frequentatissime kermesse italiane.
I francesi invece, nella loro abissale antipatia, ma con i loro regolamenti raffinati, le loro illustrazioni delicate e di gusto, le trovate geniali a livello commerciale riescono a stare a una spanna sopra a tutti gli altri in fatto di boardgames. Certo, anche in Francia le porcherie in fatto di giochi da tavolo non sono un’eccezione, ma nella stragrande maggioranza dei casi i risultati sono di grande levatura. Insomma, per quanto i nostri odiosi cugini d’oltralpe possano essere spocchiosi, l’industria del gioco da tavolo francese rappresenta un vero un caso da seguire con attenzione e – soprattutto – da imitare. E Marc André, francesissimo autore di Splendor, così come la casa editrice che ha avuto fiducia nel suo prodotto, la Space Cowboys, rappresentano entrambi un esempio emblematico da seguire.
Meccanismo semplice ma geniale
Vendere e comprare pietre preziose è un’attività posticcia in Splendor. Il tema potrebbe essere stato il commercio di spezie, di automobili, di manufatti…. Qualsiasi cosa. Splendor è un gioco estremamente astratto, se vogliamo dirla tutta. Ma è questo il suo bello e, nello stesso tempo, il suo limite.
Le carte acquistabili possono o meno avere un valore numerico. Contengono sempre, però, un valore in pietre preziose che serve per acquistarle. S’inizia con poco, poi si migliora. Gli averi aumentano, le possibilità si ampliano. Dalla prima fila di carte, unitamente a una sapiente miscela di programmazione e carte già acquistate, è possibile arrivare alla seconda fila e poi alla terza, quella più remunerativa. Lo scopo è arrivare a 15 punti in totale, raggiungibili anche con l’aiuto di nobili che – a seconda delle carte che si hanno in mano – portano altri punti, permettendo di raggiungere il traguardo prima degli altri.
Si possono usare altre strategie, naturalmente. Puntando ad esempio su un insieme di carte costose e carte di base. Ma questo rimane il bello da scoprire del gioco, che dura una ventina di minuti e spinge a rigiocarlo di nuovo, più volte, senza tregua.
Che dire?
Dicevo dell’astrattezza del sistema. È questo forse il vero limite di Splendor e non mi stupirei se ne uscissero presto varianti tematiche diverse. Le interazioni fra giocatori si limitano alla cattura di carte da quelle disponibili per cercare di limitare lo sviluppo avversario, ma questo rimane un’attività limitata a veri esperti, acquisibile solo dopo decine di partite. Per il resto il gioco si sviluppa principalmente in solitario, tentando di trovare il migliore algoritmo di acquisto per raggiungere per primi i fatidici 15 punti vittoria.
I materiali sono di alta qualità. Le fiches sono di livello pokeristico, con anima in piombo, che appesantiscono la scatola, conferendo al prodotto un’idea di solidità complessiva. Le carte sono anch’esse ben illustrate. Peccato per il packaging della scatola: le carte, se mai si volesse imbustarle, non starebbero più negli spazi millimetrici progettati nel contenitore in plastica pressofusa. Peccato.
Per il resto Splendor è un gioco che consiglio, soprattutto a chi ami i giochi “adulti” con poca ambientazione, dalle regole semplici, ben illustrato da un illustratore di grande sensibilità come Pascal Quidault e di grande rigiocabilità. Un esempio da seguirei, come dicevo in precedenza, per semplicità, originalità e grande impatto estetico complessivo.
Un consiglio
Parlavo di esempi. Mi appello a Splendor per lanciare un monito ai sempre più autori che affollano gli incontri ludici nel nostro disgraziato Paese: volete creare un gioco di successo? Non c’è bisogno di perdersi in regolamenti sbrodolati e in tentativi fallimentari di simulare la realtà. E, soprattutto, si eviti di scopiazzare il meglio dei migliori prodotti in commercio sperando che questo possa essere la chiave per produrre un gioco vincente. Quello che ne risulta sono normalmente delle porcherie, dei prodotti da quattro soldi che non hanno nulla della freschezza dei giochi originari, ma che tradiscono i limite di una folla di autori che farebbe bene a cambiar mestiere.
Altro è invece avere l’accortezza di inventarsi un sistema, un meccanismo semplice e immediato, senza tanti fronzoli, in cui tutto sia equilibrato e perfetto. Grafica, sistema, regolamento, rigiocabilità, qualità dei materiali. Lo so, è più facile a dirsi che non a farlo. Ma Marc André ci è riuscito e lui, anche se francese, può senz’altro essere imitato.
Impressioni personali
Sistema di gioco 9/10
Originalità 8/10
Grafica e packaging 8/10
Rigiocabilità 7/10