Giochi sul/nel camino

pic1904079Se l’è giocata con Colt Express e ha perso per un soffio. Non che il concorrente non se lo sia meritato, ma Splendor era veramente da primo premio. Un gioco geniale nella sua semplicità, con una manciata di fiches, tre mazzetti di carte e una buona dose di ragionamento e previsione. Niente di più

Sempre Vive la France!

I francesi – lo dicevo due anni fa, lo continuo a sostenere dopo il mio ritorno ai commenti ludici dopo due anni – rappresentano la vera altra sponda europea dei giochi da tavolo. La Francia è la vera alternativa al mondo ludico tedesco, agli spaccacervello che piacciono tanto ai nostri amici del nord e a una buona parte dei ragionieri del gioco che affollano lo ormai frequentatissime kermesse italiane.
I francesi invece, nella loro abissale antipatia, ma con i loro regolamenti raffinati, le loro illustrazioni delicate e di gusto, le trovate geniali a livello commerciale riescono a stare a una spanna sopra a tutti gli altri in fatto di boardgames. Certo, anche in Francia le porcherie in fatto di giochi da tavolo non sono un’eccezione, ma nella stragrande maggioranza dei casi i risultati sono di grande levatura. Insomma, per quanto i nostri odiosi cugini d’oltralpe possano essere spocchiosi, l’industria del gioco da tavolo francese rappresenta un vero un caso da seguire con attenzione e – soprattutto – da imitare. E Marc André, francesissimo autore di Splendor, così come la casa editrice che ha avuto fiducia nel suo prodotto, la Space Cowboys, rappresentano entrambi un esempio emblematico da seguire.

Meccanismo semplice ma geniale

SplendorVendere e comprare pietre preziose è un’attività posticcia in Splendor. Il tema potrebbe essere stato il commercio di spezie, di automobili, di manufatti…. Qualsiasi cosa. Splendor è un gioco estremamente astratto, se vogliamo dirla tutta. Ma è questo il suo bello e, nello stesso tempo, il suo limite.
Le carte acquistabili possono o meno avere un valore numerico. Contengono sempre, però, un valore in pietre preziose che serve per acquistarle. S’inizia con poco, poi si migliora. Gli averi aumentano, le possibilità si ampliano. Dalla prima fila di carte, unitamente a una sapiente miscela di programmazione e carte già acquistate, è possibile arrivare alla seconda fila e poi alla terza, quella più remunerativa. Lo scopo è arrivare a 15 punti in totale, raggiungibili anche con l’aiuto di nobili che – a seconda delle carte che si hanno in mano – portano altri punti, permettendo di raggiungere il traguardo prima degli altri.
Si possono usare altre strategie, naturalmente. Puntando ad esempio su un insieme di carte costose e carte di base. Ma questo rimane il bello da scoprire del gioco, che dura una ventina di minuti e spinge a rigiocarlo di nuovo, più volte, senza tregua.

Che dire?

marc_andreDicevo dell’astrattezza del sistema. È questo forse il vero limite di Splendor e non mi stupirei se ne uscissero presto varianti tematiche diverse. Le interazioni fra giocatori si limitano alla cattura di carte da quelle disponibili per cercare di limitare lo sviluppo avversario, ma questo rimane un’attività limitata a veri esperti, acquisibile solo dopo decine di partite. Per il resto il gioco si sviluppa principalmente in solitario, tentando di trovare il migliore algoritmo di acquisto per raggiungere per primi i fatidici 15 punti vittoria.
I materiali sono di alta qualità. Le fiches sono di livello pokeristico, con anima in piombo, che appesantiscono la scatola, conferendo al prodotto un’idea di solidità complessiva. Le carte sono anch’esse ben illustrate. Peccato per il packaging della scatola: le carte, se mai si volesse imbustarle, non starebbero più negli spazi millimetrici progettati nel contenitore in plastica pressofusa. Peccato.
Per il resto Splendor è un gioco che consiglio, soprattutto a chi ami i giochi “adulti” con poca ambientazione, dalle regole semplici, ben illustrato da un illustratore di grande sensibilità come Pascal Quidault e di grande rigiocabilità. Un esempio da seguirei, come dicevo in precedenza, per semplicità, originalità e grande impatto estetico complessivo.

Un consiglio

Parlavo di esempi. Mi appello a Splendor per lanciare un monito ai sempre più autori che affollano gli incontri ludici nel nostro disgraziato Paese: volete creare un gioco di successo? Non c’è bisogno di perdersi in regolamenti sbrodolati e in tentativi fallimentari di simulare la realtà. E, soprattutto, si eviti di scopiazzare il meglio dei migliori prodotti in commercio sperando che questo possa essere la chiave per produrre un gioco vincente. Quello che ne risulta sono normalmente delle porcherie, dei prodotti da quattro soldi che non hanno nulla della freschezza dei giochi originari, ma che tradiscono i limite di una folla di autori che farebbe bene a cambiar mestiere.
Altro è invece avere l’accortezza di inventarsi un sistema, un meccanismo semplice e immediato, senza tanti fronzoli, in cui tutto sia equilibrato e perfetto. Grafica, sistema, regolamento, rigiocabilità, qualità dei materiali. Lo so, è più facile a dirsi che non a farlo. Ma Marc André ci è riuscito e lui, anche se francese, può senz’altro essere imitato.

Impressioni personali

Sistema di gioco 9/10
Originalità 8/10
Grafica e packaging 8/10
Rigiocabilità 7/10

Odore di fumo. Colpi di tosse dallo scompartimento a fianco. Un tramestio di passi che si confonde con lo sferragliare del treno sui binari nella galleria. Voci concitate. Il fischio della locomotiva che riempie lo spazio assordando per un momento i passeggeri. Oscurità. Gente che grida, lontano, verso il vagone ristorante.
Poi di nuovoimage la luce e il treno che riprende velocità puntando verso un ponte in ferro a una sola arcata.
Il signore in panciotto si accorge di non avere più l’orologio. Inizia ad agitarsi, mentre la signora seduta al suo fianco si alza in piedi di scatto. La signorina dal grosso seno non c’è più, così come gli orecchini della signora. La donna è scossa da una crisi isterica. L’uomo si alza, si precipita nel corridoio. Nessuno. Colpi di armi da fuoco risuonano lontano verso i vagoni della terza classe.
Un viaggio in treno tipico dell’epopea del West, insomma, ideale per non perdersi troppo in pensieri osservando il monotono trascorrere del polveroso panorama del midwest americano. In Colt Express, Gioco dell’Anno 2015, la concitazione, la furbizia, i colpi di scena la fanno da padrone, soprattutto quando i personaggi sono numerosi, il treno è lungo e il viaggio si prospetta essere tutto fuorché tranquillo.

Ci riesce alla perfezione Christophe Raimbault, autore francese del gioco tradotto e distribuito in Italia da Asterion Press, a rendere l’atmosfera concitata di un viaggio in ferrovia allo scorcio del XIX secolo. Un’ambientazione alla spaghetti western, estremamente originale per il tabellone di gioco (si fa per dire), un po’ meno per il meccanismo di gioco. Un meccanismo non nuovo, naturalmente, di previsione-programmazione che in Colt Express, tuttavia, fa la sua buona figura, senza dimostrare troppi legami con lo sterminato numero di prodotti della stessa categoria che affollano gli scaffali dei collezionisti.

Ideale per modellisti dal tocco delicato

Colt1

In Colt Express non esiste una vera plancia di gioco

Dicevo del tabellone, che in realtà non c’è. Al suo posto c’è un vero treno tridimensionale in cartone, da montare. Bestemmie e colla sono necessarie in alcuni casi per tenere insieme pezzi troppo delicati, ma alcuni trovano il montaggio avvincente e il risultato è, tutto sommato, abbastanza gradevole. Manca una vera e propria plancia di gioco (non necessaria comunque e – in ogni caso – già disponibile sul mercato); non mancano piccoli elementi scenografici tanto inutili quanto simpatici.
Lo scopo del gioco è rubare soldi e gioielli ai passeggeri, cercando di impedire agli altri banditi di fare lo stesso. Sgambetti, fucilate, fughe, atti di borseggio più o meno riusciti, pugni, delazioni (sì, si può anche fare la spia e far intervenire lo sceriffo) sono le varie azioni consentite.
I banditi si muovono nel treno o sul tetto dello stesso secondo un sistema di programmazione alternato. Le carte (a seconda che la tratta percorsa si trovi in galleria o negli spazi aperti delle pianure nordamericane) vengono giocate in sequenza secondo l’ordine di gioco classico, in alcuni casi poste coperte (in galleria), in altri a faccia in su (quando il viaggio avviene alla luce del sole). Il sistema si presta alla grande per agevolare e divertire i maniaci dei calcoli, che possono prevedere lo spostamento degli avversari con un buon margine di precisione. Con certi giocatori Colt Express rischia di creare inevitabili paralisi analitiche, ma la soluzione è semplice: si eviti di giocarlo in due (nonostante la buona volontà e regole studiate alla bisogna, ma che fanno perdere al gioco quella dose di freschezza che lo caratterizza) e si allontanino certi compagni di gioco che, si sa, esistono ovunque e dovrebbero essere cacciati a pedate dai tavoli di gioco.

Giù le mani!

Colt Express sur Kubenbois

Una scatola ben congegnata

Gli effetti delle previsioni vengono immediatamente riprodotti sul treno. Le dita frugano fra i vagoni creando disastri e suscitando improperi fra i giocatori. I disastri – più che legati allo svolgimento del gioco – sono da attribuirsi alle dimensioni dei pezzi che affollano in certi casi i vagoni in cartone. Fisicamente Colt Express è un gioco ideale, insomma, per le donne o i bambini al di sotto dei 10 anni; meno consigliato invece a omoni dalle grandi mani callose e dalla poca intelligenza. Per questi ci sono altri giochi che consiglio: Bicchieri Sprint o Aia Gaia, altri due dei giochi presentati nel 2015 alla giuria del Gioco dell’Anno (ce n’è un terzo, ma ne parlerò in seguito).
Il bello del gioco di Raimbault è poi che ognuno impersonifica un personaggio diverso, dotato di caratteristiche differenti: c’è il bandito dalla fucilata esplosiva, il dottore che gioca con una carta in più, la signorina avvenente col dono del borseggio e altri personaggi ben integrati nello svolgimento del viaggio.
La violenza, poi, è ridotta al minimo. Non si muore in Colt Express, ma ci si riempie le mani di carte inutili che paralizzano, con l’andar del tempo, le azioni dei giocatori. Buono dunque per chi ama le scazzottate alla Sergio Leone, senza cadere nello splatter di ambientazione western.
Una parola devo poi spenderla per il packaging. Erano veramente anni che non trovavo una scatola così ben organizzata come quella di Colt Express, illustrata con bravura dal fumettista francese Jordi Valbuena, nuovo al mondo dei bg, ma che sicuramente rivedremo con altri prodotti. Tutti i vagoni e la locomotiva, proprio per la loro delicatezza, vengono collocati separati dagli altri in otto spazi distinti. Tutto è ben ordinato e nulla rischia di essere rotto.

Una diligenza è in arrivo 

Colt3

Cavalli e diligenza per la prima espansione già in commercio

Insomma, se amate le pistolettate, i ceffoni, le pedate, le corse sfrenate lungo il tetto di un treno o fra passeggeri inferociti, questo è il gioco che fa per voi. Il problema è evitare i banditi avversari, le improvvise frenate del macchinista e, naturalmente, l’arrivo dello sceriffo, sempre pronto a rompere le uova nel paniere, magari dietro il suggerimento di qualche infame pronto ad approfittare del buio di una galleria.
Ah, attenzione, il gioco non finisce qui. È in arrivo una diligenza e un nugolo di cavalli ideali per nuove avventure nel West americano. L’espansione è già in commercio, non ancora tradotta in italiano, dal titolo Colt Express: Horses & Stagecoach.

Impressioni personali

Sistema di gioco 7/10
Originalità 7/10
Grafica e packaging 9/10
Durata 5/10

Da qualche giorno sto rielaborando mentalmente i contenuti di un interessante articolo pubblicato dall’amico Liga sulle pagine dell’ultimo numero di ILSA. L’articolo tratta del giornalismo ludico in Italia o, per lo meno, di quello che dovrebbe essere, se esistesse.

Quello che mi accomuna con l’autore, a parte il fatto di scrivere sullo stesso giornale online (ma con molta meno perseveranza da parte mia, devo ammetterlo), è il fatto che entrambi ci troviamo in una posizione comune rispetto alle informazioni ludiche: non siamo editori e non siamo autori, ma scriviamo di giochi. Già, ma in che veste?

Liga senz’altro in quella del “ludologo” (un termine che linguisticamente mi crea qualche disagio, ma che rispetto, se non altro per la serietà che sta alla sua base), io – forse – in quella di giornalista prestato al mondo dei giochi.

Prestato gratuitamente, sia ben chiaro. Nel pochissimo tempo che ho a disposizione nella mia frenetica vita professionale riesco ogni tanto a scrivere piccoli commenti su argomenti che seguo da decenni e che – in ogni caso – mi danno ancora delle piacevoli sensazioni. Ma nient’altro.

E tutto questo perché? Perché in Italia non si vive e non si vivrebbe nel migliore dei casi di giornalismo ludico. Le redazioni del Corriere o del Sole24ore (e cito solo i due quotidiani nazionali che più mi sono vicini) sono insensibili a un argomento di questo tipo. E poi, diciamocelo chiaro – anche se lo fossero – l’argomento e il settore non permetterebbero di giustificare le spese per mantenere un “giornalista ludico” a tempo pieno in redazione, forse nemmeno un collaboratore saltuario. Vogliamo mettere un bel pezzo sull’ultima stagione della Scala o sulle possibili aperture commerciali della nuova Libia? Non ci sono Dominion o Agricola che tengano, ho paura.

Certo, qualche pezzo sul settore non è impossibile da piazzarlo. Ma un conto è parlare di mercato del giocattolo, di trend di crescita o di tendenze al ribasso del mercato dei giochi, un conto è parlare di Twilight Struggle, di Friedman Friese o della Days of Wonder da un punto di vista “ludico”.

L’argomento non interessa. Non interessa perché il mercato dei bg è espressione di una nicchia striminzita di mercato, il riflesso di un piccolo mondo di commercianti al minuto, di negozianti che hanno fatto il salto, ma che non rappresentano certo una lobby, nel senso politico/economico del termine. E se la lobby non ha la capacità di esprimere la sua pressione decisionale, si trasforma in una congregazione di conoscenti, che ama parlare di se stessa, impermeabile all’esterno e – inevitabilmente – per nulla interessante per i mezzi d’informazione. Quelli che contano, intendo dire.

L’impressione che ho sempre più viva è che il mondo italiano dei boardgames nel suo complesso sia il vero responsabile di questa mancanza d’interesse dei media, non solo quello delle aziende che lo caratterizzano. Guardandolo dall’esterno – con un atteggiamento che sia il più obiettivo possibile – sembra una piccola folla di soggetti che, come pesci rossi, cercano di trovare un loro spazio in una claustrofobica boccia di vetro di minuscole dimensioni. Una boccia che non viene quasi considerata dal mondo che sta fuori, vuoi per i numeri minimi che la caratterizza, vuoi per quell’atteggiamento intellettuale e snobistico che da sempre la identifica. Me ne accorgo di continuo e sempre più spesso. E sempre più spesso mi arrabbio e mi disgusto.

Se da un lato non c’è sensibilità commerciale da parte delle aziende (o la possibilità economica, come dice Liga) nel sostenere programmi di costante supporto giornalistico (i games test che ricevo dalle aziende annualmente si contano sulle dita di una mano), dall’altra c’è, in chi fa parte di questo mondo, un’indubbia reticenza nel tentare di uscire in modo deciso dalla boccia di vetro di cui ho parlato.

Il risultato lo conosciamo bene: sono le congregazioni, le associazioni di intellettuali del gioco, degli appassionati riuniti a gruppo che accettano solo con estrema riluttanza le presenze estranee. Anche i giornalisti.

Mi è successo personalmente solo qualche giorno fa.

E allora, mi chiedo, perché stupirsi se il Corriere della Sera o La Stampa non hanno una rubrica dedicata ai boardgames? Basta guardarsi intorno per capirlo.

Presso l’Università Europea degli Sport della Mente – La Casa dei Giochi di via Sant’Uguzzone 8, Milano, nel periodo compreso fra il 12 e il 20 novembre (ORARIO lun-ven dalle 21 alle 24 – sab-dom dalle 15 alle 19) avrà luogo una manifestazione sponsorizzata da Hasbro, multinazionale del gioco da famiglie.
Ecco il programma:

Sab 12
Ore 15.00 Inaugurazione della mostra “100 Monopoly”,
dalle ore 15.30 tavoli per family games con un esperto dimostratore

Dom 13
dalle ore 15.30 tavoli per family games con un esperto dimostratore,
alle ore 16,00 torneo di Trivial Pursuit

Lun 14
solo mostra, apertura ore 14.00

Mar 15
mostra dalle ore 14
dalle ore 21 serata giochi Hasbro (tratti dal fondo del museo UESM)

Mer 16
mostra dalle ore 14
dalle ore 21 tavoli per family games con un esperto dimostratore

Gio 17
mostra dalle ore 14
dalle ore 21 tavoli per family games con un esperto dimostratore

Ven 18
mostra dalle ore 14
dalle ore 21 tavoli per family games con un esperto dimostratore

Sab 19
mostra dalle ore 14
dalle ore 15 tavoli per family games con un esperto dimostratore,
ore 17 piccolo torneo di Jenga (con anche un Jenga Gigante)

Dom 20
mostra dalle ore 14
dalle ore 15 tavoli per family games con un esperto dimostratore
ore 17 piccolo torneo di Forza quattro (con anche un Forza quattro gigante)

ILSA #13 is on

20111009-090944.jpgIl n. 13 Di ILSA, la fanzine dedicata al mondo dei bg, è in linea e scaricabile liberamente qui. Interessante, come sempre.